«Il clima non attende scadenze»: cosa implicano le modifiche agli standard CSRD per le aziende e il clima

La Commissione europea ha adottato gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), che costituiscono un elemento cardine della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). Talvolta si discostano sorprendentemente dalle raccomandazioni del gruppo di esperti dell’EFRAG. Quali sono i cambiamenti e come devono essere inquadrati questi nuovi standard per la protezione del clima e le aziende? Ne parliamo con Harald Rettich, Corporate Partnerships Manager di myclimate.

Di quali ambiti si occupa la CSRD?

Harald Rettich: La CSRD abbraccia tutti gli ambiti che rientrano nella parola d’ordine «sostenibilità» e che riguardano le persone e l’ambiente, ovvero gli aspetti ambientali, sociali e di governance. Nello specifico, si tratta di temi come l’inquinamento, l’acqua, la biodiversità e l’economia circolare. Anche la sostenibilità sociale avrà un ruolo sempre maggiore in futuro, esattamente come accadrà per tematiche quali la salute e la sicurezza sul lavoro e le condizioni lavorative.

La CSRD sostituisce la Non-Financial Reporting Directive (NFRD) finora in vigore e amplia enormemente l’obbligo di rendicontazione su più livelli. In futuro, il numero delle aziende interessate sarà fino a cinque volte maggiore, e subiranno un aumento sia l’ampiezza dei dati sia gli aspetti di rendicontazione obbligatori. Ogni singolo aspetto di rendicontazione è molto esteso. Ad esempio, il solo bilancio di CO₂ che un’azienda è tenuta a redigere può richiedere fino a un anno. Per aiutare le aziende del segmento a integrare al meglio il complesso ambito di rendicontazione «clima» nella strategia aziendale a lungo termine, forniamo loro consulenza e le affianchiamo in qualità di partner.

 

Gli standard degli ESRS sono redatti da gruppi di esperti dello European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). La prima parte di questa rendicontazione (set 1) non solo è stata adottata dalla Commissione europea con un mese di ritardo rispetto al previsto, ma è stata anche smussata. Dove sono le differenze?

Harald Rettich: A tal proposito vedo luci e ombre. Innanzitutto è positivo che sia stato deciso l’obbligo di rendicontazione in merito alla sostenibilità e che le aziende siano quindi tenute a esaminare con approccio critico gli argomenti in questione. Sono inoltre state mantenute le tempistiche previste. 
La versione attualmente adottata si differenzia dalla bozza prevista soprattutto per il fatto che l’obbligo di rendicontazione riguarda per il momento soltanto le PMI quotate in borsa. Le piccole e medie imprese con meno di 750 dipendenti saranno soggette a tale obbligo solo a partire dal 2026. L’effetto desiderato di disciplinare la situazione del maggior numero possibile di aziende in tempi brevi viene pertanto significativamente meno. Inoltre, alcuni dati inizialmente obbligatori sono diventati facoltativi, in particolare in ambiti fondamentali come quelli della biodiversità e del lavoro a prestito.

 

Che rilevanza hanno CSRD ed ESRS per le aziende europee?

Harald Rettich: Questi rapporti hanno lo scopo di migliorare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni sulla sostenibilità e di aiutare investitori e stakeholder a prendere decisioni informate, motivo per cui stanno assumendo un’importanza sempre maggiore. La novità più importante riguarda sicuramente l’ambito della comparabilità. Prima della CSRD, infatti, le aziende erano libere di scegliere il quadro di riferimento da utilizzare per la rendicontazione. I più noti al riguardo sono probabilmente lo standard GRI e la dichiarazione DNK. Con la CSRD viene ora introdotto uno standard di rendicontazione, l’ESRS appunto, al quale le aziende sono tenute a passare. Va da sé pertanto che questi nuovi regolamenti sono di estrema rilevanza per le aziende interessate.

 

Questi cambiamenti implicano quindi che le aziende avranno più tempo per redigere il loro rapporto sulla sostenibilità?

Harald Rettich: Sì e no. Prima del nostro ultimo Cloud Talk abbiamo condotto un sondaggio tra le aziende partecipanti, dal quale è emerso che fino ad allora neanche un quarto delle aziende era in grado di presentare un rapporto sulla sostenibilità. Più della metà delle imprese non aveva ancora nemmeno affrontato l’argomento. 
A quel punto abbiamo dovuto ammettere che, a livello di tempistiche, si stava giocando col fuoco, visto che per la stesura di un rapporto sulla sostenibilità può volerci anche un anno. Consiglierei quindi alle aziende di non aspettare troppo e di sfruttare il prima possibile il tempo a disposizione per impostare una strategia olistica, soprattutto in considerazione del fatto che l’attuazione nel diritto nazionale non è ancora stata chiarita in via definitiva. Il mio consiglio a chi non ha ancora iniziato è di mettersi all’opera il più in fretta possibile.

Ma, in generale, le aziende possono ora affrontare i rapporti sulla sostenibilità con maggiore serenità?

Harald Rettich: In un’ottica olistica, l’obiettivo è quello di mettere le aziende nella condizione, da un lato, di reagire in modo resiliente alle conseguenze della crisi climatica già in atto e, dall’altro, di non contribuire ulteriormente ad accelerarla. Nel rapporto sulla sostenibilità confluiscono le misure aggregate dell’azienda e il documento fornisce alla fine importanti indicazioni sui campi d’azione. 
Le tempistiche previste dall’UE hanno poco a che fare con le misure che occorre attuare urgentemente nella pratica. La crisi climatica non attende scadenze.

La «proroga» da parte dell’UE può dapprima sembrare conveniente per alcuni, ma per il clima è tempo perso. Tra l’altro, questo argomento rappresenta una questione importante anche in termini di posizionamento delle aziende e di concorrenza. I consumatori prestano particolare attenzione alle aziende che si assumono la responsabilità climatica ed esigono trasparenza. Nel complesso, all’azienda conviene dedicarsi in maniera assidua ai temi della sostenibilità.

Noi di myclimate siamo specializzati nel supportare le aziende proprio in questo aspetto e nell’ambito della nostra consulenza sulla strategia climatica creiamo una roadmap personalizzata che tiene conto di tutti gli aspetti facendoli confluire in un piano globale: dagli obblighi di rendicontazione ai programmi di incentivazione e ai requisiti interni ed esterni, fino ai risultati comunicabili di risparmio di CO₂ e di risorse. Il nostro sondaggio ha infatti mostrato anche che le maggiori sfide per le aziende sono la gestione dei numerosi requisiti e regolamenti e la complessità delle misure operative necessarie ad attuarli.

Alcuni criticano l’onere amministrativo che gli obblighi di rendicontazione comportano per le aziende. A ragione?

Harald Rettich: Naturalmente è un compito che richiede impegno. Ma le aziende che sono riuscite ad affermarsi hanno raggiunto questo traguardo non perché sono state a guardare, bensì perché sono riuscite a posizionarsi sul mercato con buone idee e strategie operative che permettono loro di far fronte alle sfide del futuro. L’esperienza pratica di myclimate dimostra che le aziende che hanno integrato una strategia climatica nel loro approccio aziendale hanno successo anche a lungo termine. Certo, in alcuni ambiti ci sono margini di miglioramento, ma nel complesso stiamo parlando di standard al passo coi tempi.

 

Perché la Commissione europea non ha seguito le raccomandazioni del gruppo di esperti dell’EFRAG?

Harald Rettich: Effettivamente sono un po’ sorpreso da questa scelta. D’altra parte, all’interno degli organi dell’UE sono presenti anche forze importanti che tendono a non vedere i vantaggi di una rendicontazione completa e a porre invece l’accento sui costi a essa associati ritraendoli come uno spauracchio.

 

Come possono prepararsi le aziende e quali dovrebbero essere i prossimi passi?

Harald Rettich: I responsabili possono trovare maggiori informazioni sul nostro sito web o guardare la registrazione del Cloud Talk di myclimate «Cosa implica la nuova CSRD per la vostra azienda» (in tedesco),  dove molte domande sono già state affrontate e hanno trovato risposta.

Le informazioni dovranno altrimenti essere reperite se e quando l’azienda sarà interessata dal cambiamento. Naturalmente è sempre opportuno elencare e verificare i rapporti presentati finora. Già nel 2018, la NFRD ha obbligato alcune aziende a presentare rapporti su informazioni non finanziarie relative alla protezione ambientale, alla responsabilità sociale ecc. E adesso quelle stesse aziende devono passare dalla NFRD alla CSRD. A questo punto occorre farsi un’idea chiara dei nuovi requisiti e di quelli già soddisfatti.

Per questo motivo, prima di procedere con le tappe successive, consiglio di coinvolgere un partner che affianchi l’azienda in modo strategico e a lungo termine. Noi di myclimate offriamo il workshop iniziale sulla strategia climatica come risorsa per un primo approccio all’argomento. Con questo strumento forniamo all’azienda una panoramica strutturata dello status quo, della qualità dei rapporti presentati fino a oggi e degli eventuali aggiornamenti necessari. In seguito elaboriamo una tabella di marcia chiara per i successivi tre-cinque anni, durante i quali forniremo il nostro supporto. Grazie alla struttura modulare della consulenza sulla strategia climatica di myclimate, l’argomento, seppur complesso, risulta subito più chiaro. Così l’azienda potrà tornare a occuparsi della protezione del clima con efficacia e rinnovato entusiasmo. Sono convinto che questo metodo non solo contribuisca a proteggere il clima, ma permetta anche all’azienda di compiere passi avanti in termini di posizionamento sul mercato e di crescita del personale.

La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) è la nuova direttiva UE in materia di rendicontazione sulla sostenibilità che sostituirà la Non-Financial Reporting Directive (NFRD) attualmente vigente. Il suo obiettivo è aumentare la trasparenza nell’ambito della sostenibilità. Per raggiungerlo, le aziende dovranno soddisfare diversi requisiti di rendicontazione. Inoltre, in futuro sarà interessato un numero nettamente maggiore di aziende. Il fulcro della CSRD è costituito dai nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS), che obbligheranno le aziende ad affrontare non solo questioni climatiche, ma anche temi come l’inquinamento, l’acqua, la biodiversità e l’economia circolare. Anche la sostenibilità sociale avrà un ruolo sempre maggiore in futuro, esattamente come accadrà per tematiche quali la salute e la sicurezza sul lavoro e le condizioni lavorative. 

Gli standard ESRS possono essere > scaricati qui.

Secondo l’Agenzia federale tedesca dell’ambiente, lo sviluppo e l’adozione degli standard di rendicontazione prevedono diverse fasi:

• Set 1: dodici standard di rendicontazione su questioni di sostenibilità nei settori ambiente, affari sociali e governance e sui requisiti trasversali
• Set 2: standard di rendicontazione settoriali per dieci settori e standard di rendicontazione semplificati per le piccole e medie imprese quotate in borsa
• Set 3 e successivi: standard di rendicontazione settoriali per presumibilmente altri 30 settori

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Nicole Kolb

Responsabile Area Partnership Aziendali in Svizerra

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